Il sapore della rassegnazione
Cara Stella,
forse hai ragione. Sto abbandonando poco alla volta i miei sogni.
Anche i sogni possono diventare un lavoro vero, dici tu. Ma un giorno invece ti rendi conto che non basta. Che devi crescere e devi farlo alla svelta.
Forse la strada presa venti anni fa non era la mia strada. Forse l’ho scelta per compiacere di più gli altri, i miei per primi. E forse invece nemmeno loro avrebbero voluto una figlia che rinuncia ai propri sogni per accontentare aspettative altrui. O quelle che credeva essere tali.
Perché a volte andiamo per interpretazioni e prendiamo delle cantonate pazzesche. Ma oramai i giochi li abbiamo fatti proprio su quelle sbagliate convinzioni.
Vedi che pasticcio Stella? A volte crediamo che gli altri si aspettino da noi qualcosa, ma in fondo non è così.
Prendi me ed Emma. Io voglio solo che rispetti i suoi tempi di crescita, che non inizi la danza delle illusioni dietro ad un ragazzo che è sin troppo uomo per lei. Perché vorrei risparmiarle del dolore inutile.
E lei credi sia convinta delle mie buone intenzioni? Lei mi vede come castrante della propria libertà. Mi vede come una benpensante moralista che giudica le sue scelte.
Vedi quanta sofferenza dietro al non detto? Se avessi saputo che i miei avrebbero accettato ogni mia decisione riguardo al futuro, se solo fossi riuscita ad intuirlo probabilmente la mia vita avrebbe preso una piega diversa. non dico migliore, ma diversa.
Questo ritorno ad un lavoro vero lo so, ha un pò il sapore della rassegnazione. ha l’indecisa andatura di una gambero che cammina all’indietro pur credendo di fare dei passi avanti.
Ma è una strada che voglio provare, e non voglio incolpare nessuno tantomeno quel marito distratto e preso da sè che mi gira intorno. Perché magari anche quell’apparente aria menefreghista in realtà nasconde incapacità di comunicare, di condividere paure, ansie e timori.
Il mio sapore di rassegnazione lo associo ad una delle pere bollite che cuoceva la nonna con cannella e fiori di garofano. Mi ricordo che da piccolina mi incantavo a vedere la lenta trasformazione di quelle pere in pentola, prima così sode e fiere della loro compattezza, poi porose per la troppa acqua bevuta, sfatte e sformate. E mi intristivo.
E poi arrivava la nonna a spazzar via ogni grigiore, e le consolava con una salsa speciale, la salsa alle ciliegie, “capace di donare colore e vigore anche ad una semplice pera bollita”- diceva lei strizzandomi l’occhiolino.
Ne vorrei un pò di questa miracolosa salsa, perfetta su frutta bollita, ma anche per accompagnare il nostro panciliegie, quello capace di nutrire il nostro cuore.
E capace di ridarci un pò di vigore e di emozioni anche in giornate grigie come questa, perché, come dice il mio gruppo del momento, pensando a chi come la nonna ci ha lasciato un’impronta indelebile nel cuore “il tempo si misura in brividi”.
baci
Bianca
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