Ho fatto un sogno
Cara Stella, ho fatto un sogno stanotte.
Uno di quei sogni strani che ti svegli e non riesci a capire se sia successo veramente.
Uno di quelli che ti fanno stare tutta la giornata assorta a pensare, a rimuginare, a cercare di trovare un significato.
Eravamo io e te. Eravamo nella casa della zia Gemma, quella di quando abitava anche lei a Milano, te la ricordi?
10 piani di grigia soffocante austerità. Le case di ringhiera le chiamavano. Un unico lungo balcone scoperto con tante porte tutte uguali, una dietro l’altra.
E quell’ascensore con la porta a grata di metallo rosso che cigolava sinistra ogni volta che si chiudeva.
Da piccole ricordo che ogni volta che ci salivamo tu presagivi l’imminente caduta illustrandomi in modo chirurgico dove e in quale posizione esatta sarebbero stati trovati i nostri organi interni una volta schiantate a terra. E ti divertivi un mondo nella minuziosa descrizione di fronte allo sguardo terrorizzato del mio piccolo fratellino. Emilio ti ascoltava ogni volta sempre più impaurito…
Nel sogno però l’ascensore non funzionava e noi scendevamo insieme ad altre persone giù dalle scale, tutti in modo ordinato come per un’esercitazione anti calamità.
Poi d’un tratto le scale si sono interrotte. Il pavimento anche.
Ma tutti hanno continuato a scendere. Cadendo, in modo inesorabile, uno dietro l’altro, come dei piccoli pupazzi inanimati.
Tu all’improvviso mi hai urlato contro e mi hai esortato a raggiungerti in quello che sembrava essere un unico gradino solitario tenuto su non si sa come.
Ma io non ti ho seguito. Ti ho solo risposto che la soluzione era salire e infatti l’ho fatto, da SOLA.
Mentre tutti cadevano, tu ad un tratto sei sparita dalla mia vista ed io ho raggiunto trafelata l’ultimo piano.
Io di sopra al 10 piano, tu di sotto senza pavimento, entrambe senza via d’uscita.
Poi mi sono svegliata tutta sudata, il cuore in gola.
Cosa vorrà dire? Che qualunque decisione io prenda la sensazione di essere senza via scampo sarà sempre in agguato? Forse.
Le scuole sono finite, i ragazzi hanno già raggiunto i nonni al mare. Giulio è a Berlino per lavoro E io cosa me ne faccio io da sola in questa Milano bollente e sconosciuta?
Lavoro. Si perché alla fine un lavoretto è venuto fuori. Non quello che cercavo ma pur sempre un lavoro. Ho iniziato da pochi giorni, nel reparto commerciale di una piccola ditta di componenti industriali.
Qualcosa di concreto, qualcosa per cui alzarsi la mattina con uno scopo. In questo periodo dove tutto sembra sgretolarsi sotto ai piedi, ho bisogno di elementi che mi diano anche piccole certezze.
Ed Elena e la sua brasserie possono aspettare. D’altra parte alle intenzioni non è seguito nessun fatto. Forse anche lei non è del tutto convinta del suo nuovo progetto.
Sai cosa penso Stella? Che a volte i sogni vengano sopravvalutati. Che a volte invece è meglio riporli per per un po’ nel cassetto. Anche i sogni hanno bisogno di esseri nutriti di speranza. E se questo non avviene è meglio abbandonarli in attesa di tempi migliori.
Ti lascio con una ricettina fresca ed estiva la “vellutata estiva verde speranza” sperando che almeno lei mi rinfreschi un po’ le idee.
A presto
Bianca, la sognatrice
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